3 | Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio. |
6 | Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l'intrata; giudica e manda secondo ch'avvinghia. |
9 | Dico che quando l'anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata |
12 | vede qual loco d'inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa. |
15 | Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: vanno a vicenda ciascuna al giudizio, dicono e odono e poi son giù volte. |
18 | "O tu che vieni al doloroso ospizio", disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l'atto di cotanto offizio, |
21 | "guarda com'entri e di cui tu ti fide; non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!". E 'l duca mio a lui: "Perché pur gride? |
24 | Non impedir lo suo fatale andare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare". |
27 | Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire; or son venuto là dove molto pianto mi percuote. |
30 | Io venni in loco d'ogne luce muto, che mugghia come fa mar per tempesta, se da contrari venti è combattuto. |
33 | La bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; voltando e percotendo li molesta. |
36 | Quando giungon davanti a la ruina, quivi le strida, il compianto, il lamento; bestemmian quivi la virtù divina. |
39 | Intesi ch'a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, che la ragion sommettono al talento. |
42 | E come li stornei ne portan l'ali nel freddo tempo, a schiera larga e piena, così quel fiato li spiriti mali |
45 | di qua, di là, di giù, di sù li mena; nulla speranza li conforta mai, non che di posa, ma di minor pena. |
48 | E come i gru van cantando lor lai, faccendo in aere di sé lunga riga, così vid'io venir, traendo guai, |
51 | ombre portate da la detta briga; per ch'i' dissi: "Maestro, chi son quelle genti che l'aura nera sì gastiga?". |
54 | "La prima di color di cui novelle tu vuo' saper", mi disse quelli allotta, "fu imperadrice di molte favelle. |
57 | A vizio di lussuria fu sì rotta, che libito fé licito in sua legge, per tòrre il biasmo in che era condotta. |
60 | Ell'è Semiramìs, di cui si legge che succedette a Nino e fu sua sposa: tenne la terra che 'l Soldan corregge. |
63 | L'altra è colei che s'ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo; poi è Cleopatràs lussurïosa. |
66 | Elena vedi, per cui tanto reo tempo si volse, e vedi 'l grande Achille, che con amore al fine combatteo. |
69 | Vedi Parìs, Tristano"; e più di mille ombre mostrommi e nominommi a dito, ch'amor di nostra vita dipartille. |
72 | Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito nomar le donne antiche e ' cavalieri, pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. |
75 | I' cominciai: "Poeta, volontieri parlerei a quei due che 'nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggeri". |
78 | Ed elli a me: "Vedrai quando saranno più presso a noi; e tu allor li priega per quello amor che i mena, ed ei verranno". |
81 | Sì tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce: "O anime affannate, venite a noi parlar, s'altri nol niega!". |
84 | Quali colombe dal disio chiamate con l'ali alzate e ferme al dolce nido vegnon per l'aere dal voler portate; |
87 | cotali uscir de la schiera ov'è Dido, a noi venendo per l'aere maligno, sì forte fu l'affettüoso grido. |
90 | "O animal grazïoso e benigno che visitando vai per l'aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno, |
93 | se fosse amico il re de l'universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c'hai pietà del nostro mal perverso. |
96 | Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, mentre che 'l vento, come fa, ci tace. |
99 | Siede la terra dove nata fui su la marina dove 'l Po discende per aver pace co' seguaci sui. |
102 | Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. |
105 | Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona. |
108 | Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense". Queste parole da lor ci fuor porte. |
111 | Quand'io intesi quell'anime offense, china' il viso e tanto il tenni basso, fin che 'l poeta mi disse: "Che pense?". |
114 | Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio menò costoro al doloroso passo!". |
117 | Poi mi rivolsi a loro e parla' io, e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri a lagrimar mi fanno tristo e pio. |
120 | Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, a che e come concedette amore che conosceste i dubbiosi disiri?". |
123 | E quella a me: "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore. |
126 | Ma s'a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, dirò come colui che piange e dice. |
129 | Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. |
132 | Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. |
135 | Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, |
138 | la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante". |
141 | Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangëa; sì che di pietade io venni men così com'io morisse. |
E caddi come corpo morto cade. |
Commento del Canto n° V